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Rinascere, ritornare alla socialità, grazie ai volontari del Vol.Ca

Rinascere, ritornare alla socialità, grazie ai volontari del Vol.Ca

Aiutare i detenuti e i loro familiari è lo scopo di Volontariato Carcere (Vol.Ca), la realtà che opera sul territorio dal 1987

Un’occasione per rinascere: è questa la mission di Vol.Ca (Volontariato Carcere), il gruppo di volontariato dedito all’azione pastorale nelle carceri. Nata nel 1987 per volontà del Vescovo, nel 1995 diventa ufficialmente un’associazione dotata del proprio statuto. Nel 2019, con la riforma del Terzo Settore, diventa un’organizzazione di volontariato. Ad animare Vol.Ca, oltre alla stretta collaborazione con la struttura penitenziaria, gli educatori e le altre associazioni di settore, sono i valori cristiani del gruppo. “Siamo un’emanazione della Caritas diocesana – spiega Caterina Vianelli, presidente Vol.Ca –. Come dichiarato dall’articolo 2 del nostro statuto, operiamo in sintonia con la pastorale carceraria della Diocesi”. Aiutare i detenuti e i loro familiari è da sempre lo scopo di Vol.Ca. “I nostri volontari operano all’interno delle carceri bresciane, facendo colloqui, opere di ascolto e sostegno morale, organizzando il catechismo e la messa, occupandosi del magazzino del vestiario, collaborando con la Caritas nella gestione dello sportello del Segretariato Sociale in Carcere, che è nato nel 2015 con il Giubileo della Misericordia e, nella sezione femminile, impartendo un corso di cucito. Durante il lockdown il servizio è stato sospeso anche se, collaborando con gli educatori, siamo sempre intervenuti in caso di bisogno immediato – afferma Caterina Vianelli –. La nostra azione all’esterno è continuata: nella sede di via Pulusella, incontriamo i familiari dei detenuti”. Non solo: Vol.Ca ha a disposizione anche cinque appartamenti in Brescia, tre forniti “a titolo gratuito” dal Comune, gli altri due in affitto alla Congrega della Carità Apostolica. “L’housing sociale – continua – è un servizio fonda-mentale perché permette alla persona di reinserirsi nella società. Ciò che fa la differenza è il lavoro, perciò cerchiamo di collaborare con le varie cooperative, come quella di Bessimo, per riuscire ad assistere tutti al meglio. Inoltre, in queste strutture, permettiamo anche lo svolgimento di permessi-premio”. Sono circa 50, con un’età media di 65/70 anni, i volontari di Vol.Ca che si donano agli altri. “È un volontariato totalmente gratuito, ma spesso non facile. Durante l’anno, organizziamo degli incontri di formazione in collaborazione con l’associazione ‘Carcere e Territorio’: durante la pandemia, abbiamo optato però per una formazione totale alla persone – conclude la Vianelli –. Tra l’altro, alcuni ex detenuti diventano volontari. Molti di loro, infatti, rimangono colpiti dalla gratuità del servizio: dedicare loro del tempo, a costo zero, fa acquistare loro molta fiducia, fa pensare che valgono ancora”.

Intervista

DI ELISA GARATTI

Fine pena mai

Fine pena mai

“Fine pena mai” è il termine tecnico con il quale si definisce la condanna all’ergastolo. “Fine pena mai” è la condizione in cui vivono la maggior parte dei detenuti una volta saldato il conto con la giustizia. Escono ma si portano addosso lo stigma (l’impronta) del carcere. In molti casi, oltre ai legami familiari da ricostruire e rinsaldare, agli affetti e alle relazioni perduti, si ritrovano senza prospettive lavorative e, spesso, senza un tetto sotto il quale vivere. Gli errori che hanno commesso sono un fardello (fisico e psicologico) pesante da sopportare. È miope la società che non pensa di recuperare (rieducare) i detenuti. Non è solo una questione di diritti calpestati ma anche di tenuta della stessa polis. Inserirsi in una comunità significa non cadere facilmente nella rete della criminalità o non finire nel tunnel dell’indigenza. È ingiusta una società che viene meno al rispetto del mandato costituzionale sul ruolo educativo delle strutture di detenzione. È colpevole una società che non crea le condizioni per far sì che le persone possano riscattarsi e ripartire. È disumana una società che permette a sei persone di vivere in celle da due metri per due. Ci sono sul territorio cooperative e realtà aziendali capaci di offrire un’altra opportunità. Ci sono anche diverse parrocchie, penso a Santa Maria in Silva e a Fiumicello ma non solo, che hanno accolto detenuti per le misure alternative alla pena. In tanti, per fortuna, riescono a studiare, a formarsi e a imparare un nuovo lavoro. Molto si è fatto grazie alla professionalità e alla sensibilità di chi si prende cura, anche a livello professionale, di questi uomini e donne, ma molto si può ancora fare. Inizia il nostro viaggio mensile nelle strutture di detenzione bresciane (Nerio Fischione e Verziano). Cercheremo di dare voce ai detenuti, agli operatori (guardie, psicologi, educatori, cappellani…) e alle realtà di volontariato che operano dentro. L’immagine di copertina riprende il quadro di Van Gogh “La ronda dei carcerati” realizzato a fine Ottocento nel quale i prigionieri camminano in cerchio rassegnati, tutti con la testa china. Soltanto uno si gira verso di noi e ci guarda. Ci chiedeva e ci chiede una maggiore consapevolezza. Ci chiedeva e ci chiede di aiutarlo a riprendere in mano la sua vita.

L’EDITORIALE
DI LUCIANO ZANARDINI
ADDIO AD ALESSANDRO ZANIBONI, UNA VITA PER LA GIUSTIZIA

ADDIO AD ALESSANDRO ZANIBONI, UNA VITA PER LA GIUSTIZIA

La notizia non è stata un fulmine a cielo sereno, ma ha suscitato commozione e dolore a Palazzo di Giustizia. Ieri mattina è morto Alessandro Zaniboni, 57 anni, magistrato del tribunale di Sorveglianza di Brescia. Da anni lottava con una malattia che lo aveva lentamente segnato nel fisico, ma non nello spirito.

Appassionato di giustizia, amava il suo lavoro ed era molto stimato dai colleghi e dagli avvocati per equilibrio e competenza. Entrava nelle scuole per parlare agli studenti e spiegare che il carcere non era la soluzione di tutti i problemi, ma che la funzione rieducativa della pena è prevista dalla Costituzione. Un modo per avvicinare i giovani a un tema complesso.

Tifosissimo del Brescia, nei corridoi del tribunale ogni incrocio era l’occasione per parlare di calcio.

Andrea Cittadini

Ricordo dei detenuti della Casa di Reclusione di Verziano del

Dott. Alessandro Zaniboni, Magistrato di Sorveglianza del Tribunale di Brescia

I detenuti della Casa di Reclusione di Verziano desiderano porgere le più sentite condoglianze alla famiglia del dottor. Alessandro Zaniboni per la prematura perdita del loro caro.

Siamo riconoscenti per le attenzioni che egli ha da anni dimostrato verso di noi in modo particolare per il nostro percorso di riavvicinamento alle nostre famiglie favorito dalla promozione di percorsi riabilitativi e alternativi alla pena in vista di un nostro autentico cambiamento.

Siamo portati a pensare che la vita sia bella solo se vissuta senza sofferenze, ma non è così.

Ogni stagione ha la sua bellezza ed anche nell’inverno della morte ci si ricorda che in tutto c’è un ciclo. Non esiste una definizione di ciò che è vita e di ciò che è morte. È nella sua sofferenza signor Zaniboni che avrà sicuramente trovato la vita. Anche l’universo segue il proprio ciclo di nascita e di morte e questo lo rende immortale.

Buon viaggio Dott. Zaniboni e se riesce vegli anche su di noi

 

I detenuti di Verziano

I carcerati ci chiedono cose materiali ma ancor più di essere ascoltati

I carcerati ci chiedono cose materiali ma ancor più di essere ascoltati

Il vescovo Tremolada, soffermandosi sulla parola, è intervenuto all’incontro di formazione del Vol.Ca. Brescia

Il teatro della parrocchia di San Giovanni ha ospitato, lo scorso 4 giugno, l’incontro di formazione del Vol.Ca. Brescia, alla presenza del vescovo, della presidente dell’associazione, Caterina Vianelli, di numerosi volontari, dei cappellani che operano nelle carceri cittadine e delle Madrine dell’Opera Francescana. Tema dell’incontro, tenutosi nel tardo pomeriggio è stato “La parola di Dio in carcere e dal carcere”. “L’attuale situazione pandemica ci induce a pensare – ha spiegato Caterina Vianelli – che si vada verso la ripresa delle attività in presenza anche all’interno delle carceri; nel frattempo, sono proseguite tutte le nostre attività esterne, così come l’ospitalità presso gli appartamenti protetti dall’associazione” ha concluso, lasciando la parola al cappellano, don Adriano Santus, “Papa Francesco, rivolgendosi ai cappellani, ai religiosi e ai volontari del carcere, durante la sua udienza nel 2019, volle esortarci a essere “cercatori instancabili di ciò che è perduto, annunciatori della certezza che ciascuno è prezioso per Dio”. Questo dovrebbe essere l’intento di ogni volontario, ossia quello di servire le persone come se fossero immagine di Dio in terra. La parola di Dio, infatti, può cambiare l’animo e la vita di ogni persona e fornire grande supporto anche a chi si trova nella prova. I carcerati ci chiedono certamente cose materiali ma ancor più ascolto, comprensione e conforto”. A seguire, prima della lectio del Vescovo, una serie di testimonianze dei volontari che hanno sottolineato quanto l’esperienza che vivono, portando la Parola di Dio all’interno delle carceri, sia formativa e umanizzante. La riflessione di monsignor Tremolada si è sviluppata in tre momenti: il Vescovo ha spiegato il significato di tre parole simbolo quali rugiada, semente e luce: poi si è soffermato sulla parola Misericordia, per terminare con una prospettiva attuale. Quando il nostro cuore arido incontra la Parola di Dio, esso viene consolato così come accade quando il terreno secco viene a contatto con la pioggia e la rugiada; la Parola di Dio è la semente nella nostra vita e chi incontra Gesù viene conquistato dalla sua Parola ed essa porta frutto ed è luce del nostro cammino. La misericordia è la forma storica del mistero trinitario d’Amore; Dio è Misericordia e la Sua Parola è un lieto annuncio. La parola di Dio per tutti e ciò che i volontari vivono nelle carceri può diventare un dono per gli altri e contribuire a cambiare qualcosa nella società.

Brescia di Laura di Palma

PERSONE OLTRE IL MURO

PERSONE OLTRE IL MURO

È stato recentemente pubblicato dal CE.DO.C. un volume collettaneo dal titolo «Angelo Canori, testimonianze e scritti». Il testo è ovviamente un ricordo di Canori, ma non ha voluto essere, a mio avviso riuscendovi, soltanto commemorativo; la mancanza del signor Angelo, infatti, costituisce ancora oggi, a distanza di 30 mesi dalla sua scomparsa, un vuoto notevole per il volontariato penitenziario bresciano. Serviva quindi che il suo esempio fosse messo a disposizione di tutti coloro che si cimentano in questa non facile opera di attenzione verso il mondo dell’esecuzione penale, in modo da farlo diventare un insegnamento, e questo scritto ci riesce.

Sono consapevole del fatto che potrebbe apparire riduttivo ricordarne il solo impegno come volontario penitenziario, poiché Canori, è stato uomo della risposta ai bisogni umani, in molti degli aspetti in cui essi si manifestano; tuttavia per me, che ho avuto la fortuna di affiancarlo a lungo negli anni della sua presenza in Carcere e Territorio, questo è l’elemento che genera un ricordo e un apprezzamento indelebili. Egli scelse, con la propria esistenza, non con un pezzetto seppur importante, ma con l’interezza della sua esistenza, di sperimentare l’impatto della solidarietà fiduciosa a favore di un cambiamento radicale nelle altrui vite, comprendendo che tale offerta di solidarietà avrebbe dovuto e potuto passare solo attraverso la modifica dei determinismi soggettivi e oggettivi che governano le scelte, anche quelle sbagliate.

Canori ci ha insegnato che l’apporto del volontariato penitenziario, indipendentemente dalle appartenenze religiose, dalle coscienze etiche e dalle consapevolezze giuridiche che lo muovono, deve avere come perno e snodo del proprio intervento la valorizzazione della dignità di ogni persona, anche e soprattutto se si tratta di una persona condannata per aver commesso un reato.

«Il recupero dei detenuti è qualcosa a cui non si può rinunciare. Guai alla società che infligge una pena fine a se stessa» — era solito dire il compianto Presidente del VolCa. In questa prospettiva egli ha sempre promosso, pungolando chi doveva essere pungolato, l’idea di una comunità che deve sapersi fare carico della propria funzione attiva rifuggendo la tentazione, così facilmente riscontrabile, del chiamarsi fuori, schermandosi dietro l’indifferenza o, peggio, la diffidenza e il pregiudizio. Il volontariato che Canori ci ha insegnato non è e non sarà mai solo quello dei bisogni immediati delle persone, cui comunque va data una risposta, ma si erge su un’opera costante di sostegno e orientamento della persona per consentirle di reperire la capacità, presente in ciascuno di noi, di emanciparsi dalle proprie difficoltà per costruire il proprio domani, partendo da un coerente inventario delle risorse disponibili. Ovviamente è sempre stato pronto ad aumentare tali risorse, ma non ha mai rinunciato a far comprendere il senso di un atto d’aiuto, anche in termini di responsabilità, a chi ne era destinatario.

Parimenti ha sempre agito per far capire alla comunità, dai vertici amministrativi al semplice cittadino disorientato, il significato profondo di tale responsabilità. Il suo volontariato è così diventato una scelta di fede e di passione, come ricorda una degli autori, dimostrando la sua «saggezza, la volontà ferma, la capacità di decidere, l’intelligenza pratica, la severità misurata, la passione nel fare e il sano senso dell’umorismo» ma anche «la capacità di mettere in pratica soluzioni concrete, rapide, tempestive ed efficaci anche di fronte a situazioni umane e sociali particolarmente problematiche».

Un libro che consiglierei di leggere a chiunque voglia farsi un’idea dell’esecuzione penale vista da vicino, e soprattutto a chi abbia voglia di impegnarsi per renderla più umana, come ha fatto Angelo Canori.

Carlo Alberto Romano
Il Covid non ferma la solidarietà dei volontari nelle carceri bresciane

Il Covid non ferma la solidarietà dei volontari nelle carceri bresciane

Il Covid ha dato un duro colpo anche alle attività che il territorio bresciano offriva all’interno degli Istituti di pena. Da febbraio sembra siano stati cancellati decenni di iniziative e attività che il volontariato penitenziario e le realtà del terzo settore offrivano alle persone detenute. E, se ancora oggi le cautele inerenti il contagio non consentono la ripresa di molte attività interne, chi da sempre opera in favore dei reclusi non ha comunque smesso di occuparsene. Nell’ultimo anno l’associazione di Volontariato Carcere (Vol.Ca.) e la Cooperativa Sociale di Bessimo hanno continuato a rifornire di vestiario, biancheria, calzature, prodotti per l’igiene i due istituti di pena bresciani.

Lo hanno fatto su richiesta diretta della direzione e con fondi propri ma anche grazie al contributo del progetto «Insieme contro l’emarginazione», sostenuto con i fondi PON / FSE a titolarità del Comune di Brescia, che si occupa, in collaborazione con le realtà cittadine che si impegnano nell’ambito della grave marginalità, proprio della distribuzione di generi di prima necessità per le fasce di popolazione più vulnerabili. Così centinaia di mutande, calze, spazzolini, dentifrici, giubbini, tute, scarpe hanno raggiunto le molte persone detenute che non hanno modo di acquistarli direttamente o non hanno famigliari che possono inviarli da fuori.

Nel periodo del Covid anche le famiglie dei detenuti hanno potuto vedere pochissimo i loro congiunti privati della libertà: videocolloqui e lettere non possono sostituire un colloquio in presenza, non solo perché manchevoli di contatto fisico, ma anche perché un cambio di vestiti non può essere inviato via Whatsapp. Se a questo si aggiunge la chiusura del servizio guardaroba da anni gestito da volontari Vol.Ca. si può facilmente intuire come il personale di Polizia Penitenziaria si sia dovuto, purtroppo, sobbarcare anche problematiche prima non di loro competenza.

Da qui le richieste, molto più voluminose del solito, di supporto esterno nel rifornire dei molti generi di cui necessita la quotidianità. Oltre a rivolgersi all’interno del carcere, i volontari e gli operatori di Vol.Ca e Bessimo si stanno occupando anche della distribuzione di uno zaino per quei detenuti scarcerandi che, usciti dalla cella, non possono tornare a casa semplicemente perché non ce l’hanno. Per loro, doppiamente segnati dagli squilibri di questo sistema sociale in quanto ex detenuti e senza dimora, un kit con beni di prima necessitàverrà consegnato presso la sede dell’associazione di via Pulusella: sacco a pelo, materassino, zaino con alcuni generi di prima necessità ma soprattutto un contatto, un consiglio, un supporto per cercare, insieme, una via di affrancamento ed emancipazione.

La Cooperativa di Bessimo Onlus è una cooperativa sociale che opera dal 1976 nel campo del recupero e reinserimento di soggetti tossicodipendenti. Gestisce 15 Comunità Terapeutiche, 1 comunità educativa per minori e madri in difficoltà, 1 servizio specialistico residenziale per disturbi da gioco d’azzardo patologico, servizi di prevenzione e di riduzione del danno, servizi e progetti in area penale, attività e progetti sulle province di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova. Dal 1976 la cooperativa ha accolto 7.180 persone realizzando oltre 10.100 programmi terapeutici ed educativi.

Il Vol.Ca (Volontariato Carcere)
 è nato a Brescia nel 1987 per volontà dell’allora vescovo, mons. Bruno Foresti, come gruppo di persone laiche impegnate nel volontariato e come espressione ed appoggio della Pastorale Carceraria della nostra Diocesi, che opera nei due istituti carcerari della città. Era il 1994 quando il gruppo si costituì come associazione Onlus.

(Redazione “quibrescia.it”)