030 42322 volca.bs@gmail.com
Volontariato carcere missione che continua

Volontariato carcere missione che continua

Ripartono attività e occasione di sostegno concreto

Il carcere non può essere una parentesi buia, uno spazio da relegare nell’ombra. Deve rappresentare innanzitutto il luogo in cui si realizza il riscatto sociale della persona detenuta, la porta attraverso cui si passa per ritornare, trasformati, alla vita comunitaria . La missione che l’associazione VolCa (Volontariato Carcere) guida da oltre trent’anni è perfettamente sintetizzabile nelle parole appassionate della presidente Caterina Vianelli. Organizzazione di volontariato e non più Onlus a seguito della riforma del Terzo Settore, la realtà associativa si riaffaccia finalmente all’esperienza di relazione con la popolazione dell’istituto di reclusione di Verziano e della Casa circondariale Nerio Fischione dopo essere stata obbligata a mantenere la distanza durante la lunga stagione pandemica. Stanno riprendendo in questi giorni, animate da un gruppo formato da 45 volontari laici e supporto dai cappellani don Faustino Sandrini e don Adriano Santus, le numerose attività culturali, pastorali, di animazione e socializzazione promosse all’interno delle mura carcerarie per offrire occasioni di conforto e sostegno morale. L’impegno del VolCa è orientato a coltivare tanto le peculiarità socio-emotive, espressive e spirituali dei detenuti – da qui i corsi di arte terapia e i laboratori sartoriali, l’animazione della messa e gli incontri di catechismo, lo sportello di Segretariato sociale garantito in collaborazione con la Caritas – quanto i bisogni materiali che attengono alla vita quotidiana: i volontari gestiscono un magazzino attraverso cui forniscono biancheria intima, vestiario e calzature ai detenuti appena arrivati e a quelli, soprattutto stranieri, che non possono contare sull’aiuto dei familiari. Nei tre appartamenti messi a disposizione del Comune e nei due della Congrega della Carità Apostolica sono accolti i detenuti giunti a fine pena e che godono di permessi premio oppure quelli che beneficiano di misure alternative alla detenzione: Lo sportello di ascolto nella sede di via Pulusella serve per orientare nella ricerca di un’abitazione o di un lavoro, oppure per dare una mano alle famiglie nel pagamento di bollette o rette scolastiche – ha spiegato Vianelli, ribadendo – il valore di un percorso di accompagnamento capace di ricondurre nella società ed evitare il più possibile la recidiva del reato .

D.Vit.

Mano amica del “VolCa”

Mano amica del “VolCa”

L’associazione Volontariato Carcere si lascia alle spalle un anno che non potrà essere dimenticato e riprende a erogare i suoi servizi a favore di una realtà, quella carceraria, già tanto debole e isolata.

Ripartono le attività del “Vol.Ca.”. L’associazione Volontariato Carcere si lascia alle spalle un anno che non potrà essere dimenticato e riprende erogare i suoi servizi a favore di una realtà, quella carceraria, già tanto debole ed isolata. “Se volgiamo lo sguardo all’anno passato – afferma la presidente, riconfermata per il prossimo triennio, Caterina Vianelli -, possiamo scorgere la luce dell’impegno, della responsabilità, della generosità di un servizio che, in modi diversi, ciascuno di noi ha saputo donare ad una realtà di grande emarginazione, quale è quella della reclusione”.

I colloqui con i detenuti. Nelle due strutture di Brescia e di Verziano potranno ora riprendere i colloqui con le persone detenute riguardanti informazioni di carattere generale o volti a fornire un sostegno morale e un aiuto nel percorso di reinserimento sociale, gli incontri di catechismo, l’animazione della Messa, il magazzino del vestiario, lo sportello del Segretariato Sociale sorto per iniziativa della Caritas come segno giubilare della presenza della Chiesa bresciana in carcere, il corso di sartoria e gli accompagnamenti per i permessi premio.

La sede riaperta. Potrà essere finalmente riaperta anche la sede di via Pulusella il cui personale gestisce pratiche amministrative, fornisce ascolto e sostengo anche economico a ex detenuti e ai loro familiari, offre un servizio di domicilio postale a persone prive di residenza, si occupa del rinnovo delle convenzioni per i lavori di pubblica utilità e coordina un magazzino con beni di prima necessità e prodotti per l’igiene personale.

L’accoglienza. Il “Vol.Ca.” ha in carico anche sei appartamenti per dare ospitalità a persone detenute in permesso e in misure alternative alla pena. “Abbiamo potuto mantenere aperti solo gli appartamenti, dove si sono accolti detenuti che la direzione del carcere e l’Uepe hanno preferito far uscire per limitare le possibilità di contagio”.

Le iniziative future. Nel corso dell’ultima assemblea sono state indicate anche le future iniziative che si ritiene opportuno mettere in campo. “Siamo alla ricerca di nuovi volontari necessari per avere energie nuove per lo svolgimento delle attività e cerchiamo la collaborazione con enti e istituti del territorio utili per aumentare la sensibilizzazione su questi temi. Cerchiamo di operare per favorire il più possibile l’alleggerimento delle strutture penitenziarie, finché non arriverà a compimento la realizzazione del nuovo carcere”.

Il sovraffollamento. Attualmente nelle carceri italiane sono recluse 53.661 persone, a fronte di una capienza di 47.445. Siamo lontani dalla quota 60.000, registrata nel picco dell’anno scorso, ma la situazione desta comunque allerta, in particolare nella situazione post-pandemia. Nella particolare categoria del sovraffollamento delle carceri, una recente indagine mette purtroppo il nostro Paese l’ultimo posto. E il “Nerio Fischione” di Brescia è da sempre tra i peggiori istituti penitenziari italiani. “Le iniziative che proponiamo –  conclude la presidente – sono in linea con le affermazioni del Ministro della Giustizia Marta Cartabia quando dice che “la certezza della pena non è la certezza del carcere, che per gli effetti de socializzanti che comporta, deve essere invocato quale ex trema ratio”. Il tema del sovraffollamento, come afferma il Ministro, è una questione “da affrontare su una pluralità di fronti” e sono da valutare misure alternative alla detenzione, soprattutto nei casi di “pene detentive brevissime”.

Vittorio Bertoni

Vol.Ca, il ritorno in carcere ≪Ma serve un nuovo istituto≫

Vol.Ca, il ritorno in carcere ≪Ma serve un nuovo istituto≫

Sono riprese le attività degli associati dopo lo stop di oltre un anno per pandemia

I volontari dell’Associazione Vol.Ca. (Volontariato del Carcere) riprendono il loro posto nelle carceri bresciane, dopo l’anno di emergenza che li ha visti impossibilitati ad accompagnare i detenuti.

Gli effetti dell’emergenza sanitaria si sono riversati anche sull’associazione: da Febbraio 2020 i diversi servizi a favore della realtà carceraria, già tanto debole e isolata, sono stati interrotti ha evidenziato Caterina Vianelli, presidente il cui secondo mandato (triennale) è iniziato meno di un mese fa.

L’associazione – espressione della pastorale della Diocesi – si è ritrovata il 17 giugno e ha eletto un nuovo consiglio direttivo. Vianelli ha sostituito nel 2018 il presidente onorario Angelo Canori, venuto a mancare, ed oggi è affiancata da diversi consiglieri tra cui suor Isabella Belliboni (vicepresidente), Tiberio Boldrini (rappresentante della Caritas), dono Adriano Santus e don Faustino Sandrini, cappellani rispettivamente della casa circondariale <Nerio Fischione> (377 detenuti di cui 216 italiani e 161 stranieri) e della casa di reclusione di Verziano (47 uomini e 42 donne).

L’associazione Vol.Ca. offre colloqui di sostegno morale; incontri di catechismo; fa attività ti animazione pastorale e culturale; gestisce un magazzino di vestiario in entrambe le carceri. Le volontarie propongono alle detenute di Verziano un corso di sartoria e uno di arte-terapia. La presenza di Vol.Ca. vuole dunque essere non solo un supporto morale e materiale, ma anche un accompagnamento nell’ottica del recupero della persona detenuta, in linea con l’art. 27 della Costituzione, secondo cui la carcerazione non deve essere una parentesi inflitta, ma una possibilità di rieducazione e riscatto sociale ha evidenziato Vianelli.

L’attività esterna al carcere non si è invece mai fermata: fulcro è la sede dell’associazione in via Pulusella 14 (030-42322; https://volcabrescia.it), punto di riferimento per gli ex detenuti e le famiglie, i cui membri risentono tutti della carcerazione del coniugato. L’aiuto nei loro confronti può essere sia economico, si psicologico. Vol.Ca. dispone di appartamenti destinati a persone in misure alternative alla detenzione o per lo svolgimento di permessi premio; immobili concessi dal Comune di Brescia settore Servizi Sociali e dalla Congrega della Caritas Apostolica. Il reinserimento nella società attraverso opportunità abitative e di lavoro diminuisce il rischio di recidive: la collaborazione con le cooperative sociali per l’inserimento lavorativo dei detenuti, con i Servizi Sociali dei Comuni e con le parrocchie per identificare le soluzioni abitative è uno dei punti progettuali verso cui si orientano i passi dei 45 volontari (tutti con doppia vaccinazione), tra i 60 e 70 anni, cui Vianelli spera di poter presto affiancare anche un gruppo di giovani.

L’improcrastinabile problema del sovraffollamento del carcere di Brescia è tornato infine a evidenziarsi. La città ha bisogno di un carcere nuovo, organizzato con criteri di vigilanza moderni ha concluso Mario Fappani, già garante dei detenuti.

Alessandra Stoppini

Intervista alla Direttrice Francesca Paola Lucrezi sulla Voce del Popolo

Intervista alla Direttrice Francesca Paola Lucrezi sulla Voce del Popolo

Dalla Voce del Popolo sul mondo carcere (del 24 settembre 2020)

   Ci  siamo  scordati  del  carcere?

Passati i mesi più duri della pandemia il viaggio in un mondo che, dopo le proteste dei primi giorni del lockdown, è stato dimenticato dai media

                                                                                                         di Massimo Venturelli

         È stato detto più volte che tra le tante sofferenze che la pandemia da Covid-19 ha portato con se, oltre a quella della morte e della malattia, c’è anche quella della solitudine. L’isolamento sociale a cui tutti sono stati costretti per tante settimane e che abbiamo superato (non senza conseguenze che oggi cominciano a essere visibili) ha lasciato su tante persone un segno, una traccia indelebile.

La sensazione di sentirsi soli, abbandonati, è una di quelle che non si dimenticano in fretta. Piano piano la morsa, però, si è allentata un po’ per tutti, tranne per che per il mondo del carcere, ancora isolato per quello che riguarda i contatti con l’esterno. Un mondo che, tra l’altro, sembra essere diventato invisibile. Perché se in questi mesi non è mancata l’attenzione, magari anche solo per la cronaca “sanitaria” per altri luoghi della sofferenza come gli ospedali, le Rsa e le strutture di accoglienza per i senza fissa dimora, di carceri si è parlato in avvio del lockdown per le violente proteste andate in scena in alcune strutture. E poi più nulla! Questa situazione è stata affrontata con Francesca Paola Lucrezi, direttrice delle strutture carcerarie di Brescia e Verziano.

Per le carceri bresciane quello del lockdown che tempo è stato?

Quelli che abbiamo vissuto sono stati mesi difficilissimi. In un ambiente ristretto e chiuso come il nostro, separato dall’esterno, un maremoto come quello che abbiamo vissuto è stato amplificato. È stato difficile far capire ai detenuti, nonostante avessero informazioni costanti date dai giornali, dalla televisione, cosa realmente stava accadendo fuori. Anche per persone abituate alla reclusione non è stato facile comprendere e accettare le limitazioni via via imposte. Non toccando, fortunatamente con mano, la gravità di quanto stava accadendo, inizialmente non hanno compreso la ragione di certe scelte. Ma con il dialogo e la disponibilità al confronto di tutte le componenti della comunità carceraria, a partire dall’autorità giudiziaria, dalla Garante dei diritti dei detenuti che, in una occasione ha potuto incontrare una rappresentanza dei detenuti, si è riusciti a far comprendere la realtà e la necessità di mettere in atto misure che scongiurassero l’ingresso del virus a Verziano.

La pandemia ha portato un cambiamento nel vostro lavoro?

Il nostro lavoro ha conosciuto uno stravolgimento totale. Siamo stati completamente assorbiti dalla pandemia; abbiamo dovuto attrezzarci innanzitutto per capire cosa stava succedendo e quali erano le conseguenze, per comprendere come applicare le direttive e le normative che il Governo, la Regione e anche l’amministrazione carceraria andavano emanando a ritmi vertiginosi e che a volte sembravano in contraddizione l’una con le altre. Il punto di forza per fare fronte a tutto questo è stata la coesione che si è creata sin da subito tra il personale e tra questo e i detenuti. 

Tutto questo ha permesso di fermare il virus ai cancelli di Verziano?

Fortunatamente sì. Abbiamo avuto pochissimi casi, che sono stati prontamente isolati, tra il personale. Per quanto riguarda i detenuti, in tutto questo periodo abbiamo avuto solo tre casi di positività al virus, per altro tutti asintomatici, che non hanno creato focolai interni, perché prontamente isolati grazie anche alla collaborazione della sanità penitenziaria che ci è stata e continua a esserci a fianco. Abbiamo potuto contare anche sulla presenza del personale sanitario di Medici senza frontiere, grazie a un progetto voluto dal Provveditorato regionale lombardo. Ci hanno consigliato al meglio rispetto alle procedure da adottare. Abbiamo fatto tamponi a tappeto per cercare eventuali casi di positività anche dove non c’erano segni evidenti della presenza del virus.

Il periodo di isolamento forzato a cui il carcere è stato costretto finirà con l’incidere su tutti quei legami stretti nel corso degli anni con il mondo esterno?

No, i rapporti consolidati che hanno alle spalle una lunga storia non sono stati intaccati dal lockdown.Penso al mai interrotto rapporto con il Tribunale di inviare tanti detenuti a misure alternative. Penso al dialogo mai interrotto con il mondo del Terzo settore che, anche nei momenti più bui, ha messo a disposizione risorse, anche proprie, per rendere possibile l’uscita dal carcere a chi era nelle condizioni di potere usufruire di questa misura. In questi mesi, poi, nonostante la sospensione di tanti progetti, non è mai venuta meno la vicinanza di tante persone legate alla realtà di Verziano.

Quale eredità lascia la pandemia al mondo del carcere?

Credo che un’eredità da non perdere sia quella della digitalizzazione. Abbiamo scoperto che tante cose che si pensavano impossibili da realizzare all’interno degli istituti, sono state utili. Penso alle videochiamate che hanno permesso ai detenuti di restare in contatto con i familiari, o al sistema della didattica a distanza usata per i percorsi scolastici, ai colloqui via internet con i volontari… questo ha aperto una strada. L’errore più grande, una volta tornati alla normalità, sarebbe quella di dimenticarsene.